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Intervista a Carl Brave: “Vi racconto le mie notti brave”

Si è fatto conoscere al grande pubblico grazie soprattutto alla proficua e duratura collaborazione con il socio Franco126 e dopo il successo di “Polaroid”, Carl Brave – che nella vita risponde al nome di Carlo Coraggio – ha deciso di tentare, almeno momentaneamente, il cammino solista. Nomen-omen.

Nel cuore di Roma c’è un rione, Trastevere. Luogo di movida, di shot a basso prezzo e tanto, tanto caos. E’ proprio su questi sampietrini che inizia a muovere i primi passi Carl Brave, rapper capitolino che sta facendo impazzire un’intera generazione di Millennials, ma non solo. Il suo punto di forza? Unire in un’unica figura diverse anime e influenze musicali. Carl Brave non è un rapper, non è un cantante, non è un producer e neanche un autore. Eppure – contemporaneamente – è tutti questi assieme.

Il risultato di questa eterogeneità è proprio “Notti Brave”, il suo ultimo lavoro. Il disco, che Carl Brave ha composto da solista, uscirà in tutti i negozi e digital stores venerdì 11 maggio.

Eppure “Notti Brave” non è il primo disco solista di Carl Brave. Nel 2013, infatti, l’artista aveva pubblicato un EP senza lo storico collaboratore Franco126 (con cui – tra l’altro – dividerà il palco per una serie di date che prenderanno il via dal 6 luglio).

La maturazione musicale che Carl Brave ha ottenuto rispetto all’inizio del suo percorso è ben espressa anche dalla rosa di nomi che ha scelto per il suo nuovo progetto. All’album hanno infatti partecipato artisti del calibro di Coez, Fabri Fibra, Francesca Michielin, Emis Killa, Federica Abbate, Gemitaiz, Giorgio Poi, Pretty Solero, Frah Quintale, Ugo Borghetti e Franco126.

Abbiamo fatto due chiacchiere con Carl Brave durante una delle sue trasferte milanesi e ci siamo fatti raccontare le sue “Notti Brave”.

Avrei voluto iniziare questa chiacchierata chiedendoti se fossi più euforico per l’uscita del disco o per la Roma, ma mi sa che è meglio passare oltre…

Ecco, se non vuoi litigare, passa oltre! (ride)

Veniamo all’album, di cui l’indiscussa protagonista è la notte, in tutte le sue sfaccettature: cos’è che ti affascina di più di questo momento?

Innanzi tutto “Notti Brave” è un disco scritto interamente di notte, dal momento che sono una persona decisamente crepuscolare: “sono come una falena”, lo dico anche in Polaroid. Ho due facce, un carattere un po’ sdoppiato: di giorno sono uno molto aperto, con la testa tra le nuvole e di notte – ovviamente quando lavoro – mi concentro molto. Spesso mi faccio un giro di Roma in notturna, nelle zone di Trastevere e del centro, dove abito io, e questo mi dà l’emozione per scrivere. La notte ha una doppia faccia in cui mi rivedo: c’è la calma piatta senza un turista in giro e – contemporaneamente – dall’altra parte puoi trovare caciara, puoi scegliere.

Un brano che mi ha incuriosito molto è “Accuccia”, una sorta di ninna nanna dedicata ad un cane morto per colpa di una zanzara. E’ tratto da una storia vera?

E’ tratto dalla mia storia personale, tutto vero. E’ forse una delle mie tracce preferite dell’album, sulla quale ho riversato di più me stesso e la mia storia, che mi accomuna a tante persone. Non so se tu hai mai avuto un cane…

No, ma mi è successo con altri animali. Con il cane immagino ancora di più.

Dipende, comunque l’animale di compagnia diventa parte della famiglia ed è stata una sofferenza terribile, una mancanza greve che mi ha portato a non prendermi più un cane.

Dopo di lui il nulla.

Bravo!

L’unico vero grande amore della tua vita…

Sì, praticamente (ride). Ora vabbè, ci stanno i cani degli altri, ma non è la stessa cosa perché li posso solo accarezzare e basta.

Ma quindi è stata una zanzara?

Sì, è stata una zanzara che gli ha passato la leishmaniosi, che è un po’ tipo la kryptonite dei cani. Poi vabbè, può essere pure stato qualche altro insetto in realtà, però abbiamo sempre pensato fosse colpa di una zanzara.

Io ho contato almeno quattro o cinque potenziali hit estive: qual è la tua personale?

Le mie personali, perché anche nel mio caso sono più d’una: “Camel Blu” con Giorgio Poi, “Chapeau” con Frah Quintale, “Fotografie” con Fabri Fibra e Francesca Michielin potrebbe diveltarla, “Malibu” con Gemitaiz e pure “Pub Crawl” magari, al di là del fatto che parlo di pioggia.

Anche “Parco Gondar”, direi.

Bravo, me la so’ dimenticata! Quella forse più di tutte perché si parla anche di un ambiente estivo.

Se ho fatto bene i conti, 9 pezzi su 15 sono featuring, una percentuale decisamente alta. Ti senti solo sulla traccia?

No, è che volevo fare un esperimento: vedere artisti che stimo ma provenienti da generi diversi indossare il mio sound. E quindi sono passato da Fabri Fibra a Giorgio Poi, Emis Killa, Federica Abbate, ho voluto fare questa prova. Questo è un disco da produttore, in fin dei conti mi sento più produttore che cantante.

Tra tutti, volevo concentrarmi un attimo proprio sul feat. con Emis Killa, che né è di Roma, né appartiene – per così dire – ad una scena a te vicina. Come è nato?

Ci siamo conosciuti su Instagram…

Ah, quindi serve a qualcosa?

Oh sì, per queste cose serve tantissimo, lascia fa’! Ci siamo conosciuti là, una volta fatti i complimenti gli ho mandato due basi e poi ci sono state varie vicissitudini, compreso un featuring con me e Franco che poi è saltato. Finché un giorno mi ha invitato al suo compleanno e abbiamo iniziato a frequentarci anche nella vita reale, da lì è nata un’amicizia oltre al rispetto musicale e ho deciso di chiedergli il featuring.

Arriviamo a Pub Crawl, una traccia dedicata a Roma. Sembra però tramontato quell’impulso vintage-nostalgico che emergeva in alcuni versi di “Polaroid” per lasciare spazio ad altri sentimenti, tra tutti un po’ di “sbatta”. Ti sei un po’ stancato della Città Eterna e del suo caos?

Mai, non mi stancherò mai di Roma. Chiaramente la vivo sempre in un modo diverso, come tutto ciò che piace: il primo giorno impazzisci e piano piano che te la vivi incominci a vederla in un’altra ottica. Succede anche quando ti fidanzi con una ragazza: all’inizio è tutto bellissimo e dopo tanto tempo emergono i problemi, che a volte coincidono anche con i punti di forza.

Oltretutto hai vissuto anche a Milano e a Berlino, per poi tornare a Roma, che a detta tua ti ha permesso di dare il giusto verso alla tua passione. Un domani – se il lavoro te lo imponesse – cambieresti di nuovo città?

Adesso – devo dire – ho trovato la base. Poi sai, mai dire mai: a me piacerebbe pure lavorare come produttore all’estero. Però oggi per fare questa musica ci dev’essere Roma.

Secondo te Roma è ben amministrata?

No, per niente, ma è anche vero che Roma è impossibile da gestire . Poi vabbè, adesso la gestione è pessima, ma non è mai stata buona in realtà. Ci sono dei problemi a monte che non ti permettono di lavorare sulle cose nuove, perché ce n’hai altre indietro che se lasci continuano ad aumentare.

Carl Brave segue la politica?

No, cerco proprio di starne fuori, soprattutto musicalmente. In questo periodo ritengo sia importante starne fuori, in passato era diverso; si faceva musica politica ed era giusto così. Oggi a me piace parlare di com’è la vita, bella o brutta che sia. Descrivo e non giudico.

Domanda finale aperta: il futuro lo vedi da solo o in coppia?

Il futuro lo vedo sia da solo che in coppia. Questo album l’ho fatto perché ad un certo punto con Franco dovevamo rallentare un po’ e io ho continuato a lavorare, da ex cestista sono abituato così: allenarmi tutti i giorni e martellare. Continuavo a produrre basi e ad una certa ho pensato: “anziché perderle, mi faccio un disco mio”. Poi sai, da questo mestiere partono veramente tanti fiumiciattoli: il lavoro da produttore, d’autore, puoi fare veramente tante cose. E comunque ci sarà un ritorno con Franco: intorno a gennaio faremo “Polaroid 2”. Cerchiamo di tenere vive le radici insieme.

Letizia Bonelli

La Redazione

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