Hai dato generalità e dati falsi al controllore sul tram, sulla metro o sull’autobus che ti ha trovato senza biglietto. In quel momento gli hai detto che non avevi un documento di identità e lui, non potendoti perquisire, si è fidato di ciò che gli hai detto. Non riuscendo a dire una bugia completa, e nel timore che ti potesse portare in caserma o al comando della polizia, gli hai detto il tuo nome e cognome corretto ma hai fatto finta di non ricordare l’indirizzo, dandogli una via e un numero civico sbagliato. Ora però ti sei fatto prendere dal rimorso e temi che, conoscendo i tuoi dati, le autorità possano comunque risalire alla tua residenza. In quel caso, oltre alla multa, cos’altro rischieresti? Saresti passibile di un procedimento penale? La Cassazione, in una recente sentenza, ha ricordato quali sono i rischi a dare nome e dati falsi al controllore dell’autobus. Vediamo quali sono i chiarimenti forniti, in proposito, dalla giurisprudenza e cosa fare, in futuro, per evitare di cadere in errori così grossolani.
Cosa si rischia a viaggiare senza biglietto in autobus o in tram?
Innanzitutto ricordiamo che viaggiare in autobus senza biglietto è un illecito amministrativo, passibile di una comune contravvenzione. Lo stesso dicasi per il tram, la metro e qualsiasi altro mezzo pubblico. Se però il viaggiatore viene invitato a scendere e, nonostante il mezzo pubblico si sia fermato per consentirglielo, oppone resistenza scatta il reato di interruzione di pubblico servizio. È comunque necessario che il conducente interrompa la corsa per un apprezzabile lasso di tempo.
Il controllore che trova un passeggero senza biglietto è tenuto a interrogarlo per sapere le sue generalità necessarie a compilare la multa. Può innanzitutto chiedergli i documenti, essendo suo potere farlo. Ma il viaggiatore, non essendo tenuto a portarli con sé, potrebbe anche dire di non esserne in possesso in quel momento; ciò non costituisce alcun illecito. Che succede in questi casi? Il controllore non può perquisire il passeggero né tantomeno accompagnarlo “di forza” alla polizia o ai carabinieri. Tuttavia, può chiedere l’intervento di tali autorità alla prima fermata utile, in modo che facciano i dovuti accertamenti e provvedano a identificare il viaggiatore senza biglietto. Si tratta di un’ipotesi remota visto che difficilmente le autorità di pubblica sicurezza hanno la facilità di intervenire così rapidamente e per questioni di marginale allarme sociale (leggi In autobus senza biglietto, cosa rischio?).
Fra l’altro il conducente non può neanche impedire al passeggero di scendere alla successiva fermata chiudendo le porte per accompagnarlo al capolinea. Tenere in ostaggio il viaggiatore, anche se senza documenti, sarebbe un reato.
Cosa si rischia a dare dati falsi al controllore?
Il codice penale punisce, come reato, il comportamento di chi fornisce false attestazioni a pubblico ufficiale. La norma, in particolare, stabilisce che «Chiunque dichiara o attesta falsamente al pubblico ufficiale, in un atto pubblico, l’identità o lo stato o altre qualità della propria o dell’altrui persona è punito con la reclusione fino a tre anni. Alla stessa pena soggiace chi commette il fatto in una dichiarazione destinata ad essere riprodotta in un atto pubblico».
Pertanto, dice la Cassazione nella sentenza in commento, il reato scatta a carico di chi, trovato senza biglietto, dà false generalità al controllore sul bus che riveste la qualifica di pubblico ufficiale. Non importa che le bugie riguardino il nome, il cognome o solo la via di residenza. Basta un solo dato sbagliato per far scattare il reato.
Come già affermato dalla stessa Corte in passato, integra il reato di false dichiarazioni sulla identità o su qualità personali proprie o di altri la condotta di colui che declini generalità false al controllore di un’azienda di trasporto urbano, il quale riveste la funzione di incaricato di pubblico servizio, essendo “pubblica” la funzione svolta da tali aziende e non meramente esecutive le funzioni assolte dal predetto dipendente. La giurisprudenza ha osservato che gli incaricati di un pubblico servizio sono coloro i quali, pur agendo nell’ambito di un’attività disciplinata nelle forme della pubblica funzione, mancano dei poteri tipici questa, purché non svolgano semplici mansioni di ordine, né prestino opera meramente materiale; ed ancora, che alcuni dipendenti di un ente che sia concessionario di un servizio che soddisfa un’esigenza pubblica (tra cui appunto un’azienda di trasporto passeggeri urbana) hanno la qualifica di incaricati di pubblico servizio; che tale qualifica va riconosciuta a coloro le cui mansioni siano inquadrabili in quelle di concetto, che non si risolvono cioè in prestazioni d’ordine o di natura meramente materiale.
Pertanto il controllore di un’azienda di trasporto urbano riveste la qualifica di incaricato di pubblico servizio, poiché l’azienda svolge una pubblica funzione e poiché non svolge le mansioni solo esecutive di un qualsiasi dipendente. Questi, infatti, avendo l’incarico di accertare le infrazioni, svolge un’attività intellettiva. Del resto, in numerose pronunce della Cassazione la figura del funzionario accertatore delle aziende di trasporto è stata qualificata in termini di pubblico ufficiale. Ad esempio è stato affermato che il personale incaricato del controllo dei biglietti di linea riveste la qualifica di pubblico ufficiale, essendo tenuto a provvedere alla constatazione dei fatti e alle relative verbalizzazioni nell’ambito delle attività di prevenzione e di accertamento delle infrazioni relative ai trasporti.
Inveire contro il controllore è reato?
In ultimo bisogna dire che il fatto di inveire contro il controllore costituisce reato di oltraggio a pubblico ufficiale. È la stessa Cassazione a qualificare come tale il controllore del mezzo pubblico (o meglio come “incaricato di pubblico servizio”). Sbaglia quindi chi intravede in tale figura un soggetto privato. Egli, almeno sotto questo profilo, è equiparato a un comune vigile urbano.
Alessandra D’Agostino
La Redazione