Cosa sta succedendo sulle spiagge laziali e campane? Da qualche giorno non si parla d’altro che del mistero dei dischetti di plastica che sono apparsi in diversi litorali in tutta Italia. Da Capri, sino a Sorrento, passando per il golfo di Gaeta, Ischia e Castelvolturno, sino ad Anzio, Tarquinia e la Toscana: sulla spiaggia continuano a comparire migliaia di dischetti di plastica. Una sorta di filtri tondi che hanno creato un mistero fittissimo, difficile da risolvere.
Il fenomeno è stato segnatalo da Clean Sea Life e, secondo gli esperti ha a che fare, purtroppo, con l’inquinamento dei nostri mari, in particolare il Tirreno. Gli avvistamenti sono iniziati lo scorso 20 febbraio, quando sullaspiaggia di Ischia alcuni cittadini hanno trovato dei dischetti. Dopo quelle prime segnalazioni il fenomeno si è esteso, arrivando sino al litorale laziale e a quello toscano (per la precisione nella spiaggia della Feniglia).
Di cosa si tratta? Difficile dirlo. Di sicuro però in mare sono presenti moltissimi rifiuti di questo tipo che ora la corrente sta trasportando a riva. “Al momento, in attesa di approfondimenti, la cosa più probabile è quindi che siano dischetti impiegati nei sistemi di trattamento biologico delle acque (come i sistemi MBBR Moving Bed Biofilm Reactor o reattore a biomassa adesa a letto mobile) – spiegano i responsabili di Clean Sea Life -: sono i supporti dove crescono i batteri che depurano l’acqua, assimilandone i nutrienti. Ce ne sono di diverse forme e dimensioni. Dischetti simili infatti sono stati trovati a migliaia sette anni fa in America: provenivano dall’impianto di trattamento della cittadina di Hookset che, a causa di forti piogge, il 6 marzo del 2011 andò in tilt scaricando dai 4 a 8 milioni di dischetti, oltre a mille metri cubi di liquame”.
Per ora si tratta solamente di ipotesi, ma Clean Sea Life ha promesso che farà luce sulla questione. Qualche risposta potrebbe arrivare dalle analisi effettuate con gli oceanografi del Lamma, che forniranno presto il modello della circolazione delle correnti. “Dobbiamo però risalire al “paziente zero” – svelano gli studiosi – usando l’analogia delle epidemie: cioè la località che per prima è stata investita dai dischetti e che, presumibilmente, è la più vicina al punto di sversamento”.
Stefano Iorio
La Redazione