Un gioco di contrasti. E’ quello che anima “Il giorno in cui ho smesso di pensare”, nuovo album di Irama. Un gioco fatto non solo di chiaroscuri sonori, ma anche di testi che parlano sia in prima persona e sia di altre persone che cose i fanno assai più facili, di canzoni fatte per essere ascoltate con calma e brani da ballare, di rap e di melodia, di intrattenimento e di sentimento.
Un album che mostra al meglio quello che Irama è e vuole essere, in un panorama pop in veloce evoluzione, figlio di una crescita artistica e umana che è in corso e che Irama cerca di vivere scegliendo solo quello che ama.
L’album nasce con la collaborazione di Shablo, ‘partner in crime’ di tutto il progetto, e si avvale del lavoro non solo del produttore argentino ma anche di molti altri producer di rilievo, come Giulio Nenna, Junior K, Mace, Merk & Kremont, Greg William, così come di artisti del calibro di Rkomi, Sfera Ebbasta, Gué Pequeno, Victor Martinez e Lazza. Il suono è deliberatamente caleidoscopico, gli stili e le atmosfere sono estremamente diversi da un brano all’altro, si passa dalle ballate ai ritmi latini, dall’urban al rap, in un continuo gioco di rimandi e spostamenti che hanno come unico filo conduttore la voce di Irama. Voce che è duttile e espressiva e che si adatta, dunque, al meglio ai diversi mondi sonori del disco. Che è, deliberatamente un album pop, senza tanti altri aggettivi, diretto, immediato, godibile e vario. E che mette in luce bene il desiderio di Irama di muoversi in questo territorio indefinito con altrettanta indefinibile libertà, come sottolinea più volte quando parla dell’album, di sé, del suo essere artista.